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grasso è bello

grasso è bello

Siete mai stati ad un concorso di bellezza?

Io sì, alla fiera del bue grasso a Carrù (CN), e vi dico che è stata un’esperienza indimenticabile.

E’ una rassegna zootecnica di bovini di razza piemontese, un vero e proprio concorso di bellezza durante il quale centinaia di allevatori presentano le loro bestie migliori ad una severa giuria ed a un pubblico assai numeroso.

La competizione è davvero emozionante ed affascinante, uno spettacolo carico di storia e di tradizione, molto sentito dagli abitanti di Carrù che vivono il giorno della fiera come un vero e proprio Capodanno di gran festa.

I capi in concorso sono il bue grasso ed altre categorie (manzi, vitelli castrati, vitelloni e vitelle della coscia, manze, vacche grasse, tori). Il primo premio è la gualdrappa, un drappo pregiato che raffigura una testa di bue ed ha una storia molto antica; fin dal 1910 viene conferita all’allevatore vincitore e, in caso di vendita del capo, viene consegnata al compratore ed esposta infine nelle macellerie che vendono la carne del capo premiato.

Un tempo gli allevatori portavano i capi alla fiera a piedi, camminando per ore nelle campagne delle Langhe ed arrivando all’alba a Carrù, dove le numerose locande rifocillavano le persone prima dell’inizio della fiera.

Chi spostava le bestie dalle stalle alla fiera si chiamava tucau, e utilizzava uno strumento speciale (ora diventato simbolo della fiera), un bastone di castagno incurvato, con manico sottile ed ingrossato verso la punta arrotondata, che non serviva a colpire le bestie ma ad indirizzare la marcia dell’animale.

In realtà i tucai più esperti, premendo il bastone sulle parti dell’animale, erano anche in grado di stabilire la qualità e la consistenza della massa muscolare e quindi il valore delle bestie.

Oggi i capi arrivano in camion alle 5 del mattino e le operazioni di scarico sono lente e laboriose, perché muovere delle bestie di centinaia di kg non è lavoro facile.
Ho assistito a bocca aperta a questa fase, meravigliandomi delle dimensioni delle bestie e della diversità di modi che i tucai odierni utilizzano per convincere gli animali a scendere dai camion e a spostarsi nel padiglione della fiera, fino ad arrivare alla pesa (alla pesa solo i buoi grassi in concorso).

Mi ha colpito in particolare una giovane donna solida e pacata, che accompagnava senza alcuno sforzo la sua “bestiolina” di circa 1300 kg alla pesa, senza agitazione, senza paura e senza tirare corde né menare bastonate in testa al bue!. Sì, perché le bestie si agitano; alcune non vogliono muoversi, altre invece si muovono troppo e allora è necessario bendarle, o picchiarle sul muso con un bastone per calmarle.

Provate voi a convincere un animale di più di una tonnellata a seguirvi senza batter ciglio…. ecco perché la signora che ho ribattezzato “la sussurratrice” mi ha emozionato a tal punto da farmi lacrimare.

Una volta riempito il padiglione della fiera, gli allevatori sono stati invitati dallo speaker a pulire le loro bestie per l’apposizione del QR code sulle cosce…. ah, la tecnologia!

Alla fiera sono legate attività gastronomiche in tutto il paese, con vendita di prodotti piemontesi alle bancarelle del mercato e soprattutto con la possibilità di mangiare il bollito “non stop” dall’alba al tramonto, sia nella struttura allestita dalla ProLoco sia nelle locande del paese.

Infatti, in onore alla tradizione, siccome i tucai dovevano rifocillarsi alle 6 del mattino, al giorno d’oggi i ristoranti di Carrù aprono le serrande alle 5.30 e propongono un menù ricco e sostanzioso fino a sera tardi.

Alle 7 del mattino i bar erano colmi di persone che, al posto del cappuccio e brioche, mangiavano pane e salumi e bevevano vino rosso, dolcetto ovviamente.

Io ho aspettato le 11 del mattino per sedermi a tavola al Vascello D’Oro e devo dire che il pranzo di metà mattina è stato superbo: affettati, insalata russa, carne cruda (battuta al coltello), trippa, ravioli e infine l’apoteosi: il bollito misto con le sue salse, il purè, i finocchi, il tutto accompagnato da abbondante Dolcetto, canti, allegria, risate, chiacchiere e festa!

Una vera orgia gastronomica di qualità! Ode e lode al bue grasso!

Durante il pranzo la nevicata ha avuto tempo di ammantare il paese di bianco, costringendo molti (bancarelle e pubblico) a scappare per evitare di rimanere bloccati per strada, mentre noi, felici come bimbi, ruzzolavamo satolli per le vie del paese, incuranti dei problemi alla viabilità. 

Finito il concorso delle bestie, la festa è continuata nei locali e nelle case private, danzando e bevendo fino al mattino.

La sera siamo andati alla ricerca di una minestrina e siamo approdati alla struttura della ProLoco dove ci è stato offerto un brodino viscoso come il petrolio, tanto era grasso. Lì abbiamo avuto occasione di conoscere Romana, una simpatica Carruese doc (si dice così?) che indossava un magnifico tabarro (di sua produzione!) la quale ci ha raccontato ricette, storia ed aneddoti della fiera.

Camminare nella neve abbondante dopo una giornata così appagante è stato un dono indimenticabile.

Grasso è davvero bello, l’ho sempre pensato io!

 

Il bollito di Carrù: Sette salse per sette tagli, ovvero sette spose per sette fratelli!

I tagli di carne del bollito sono: cotechino, testina, lingua, gallina, coda, scaramella, muscolo e muscolo con osso (primi due vanno bolliti separatamente per evitare che il brodo diventi troppo grasso).

Le sette salse che accompagnano la carne sono: bagnet verde, cugnà, senape, salsa ai peperoni, salsa alle cipolle, salsa al rafano, maionese.

Bagnet verde (salsa verde): tritare il prezzemolo, aggiungere una fisca d’aglio ed i filetti di acciughe tritate (quelle sotto sale precedentemente lavate ed asciugate bene), un poco di mollica di pane precedentemente ammollata nell’aceto e strizzata. Si può utilizzare il mortaio oppure un frullatore.

Cugnà (salsa d’uva): 5 kg uva var. Dolcetto, 2 kg di pere Martin Sec e/o Madernassa, 2 kg di mele renette, mezzo kg i mele cotogne, mezzo kg di fichi secchi, 400 gr di nocciole tostate e rotte, 100 gr di noci sgusciate e tritate, 1 pugno di scorze d’arance secche, 1 pugno di scorze di limone, 10 chiodi di garofano, cannella sbriciolata.

Pigiate l’uva e setacciatela: il mosto deve essere libero dai vinaccioli e dalle bucce. Versatelo in una capace pentola e portatelo a bollore; continuate a farlo sobbollire a fuoco moderato fino a circa metà del suo volume, schiumando di tanto in tanto con la schiumarola.

A questo punto unite la frutta tagliata a pezzi e le scorze, continuate la cottura per almeno due ore e verso la fine aggiungete le nocciole  precedentemente tostate su piastra rovente e pestate nel mortaio, i gherigli di noce spezzati, i chiodi di garofano e la cannella. Versate la cugnà/cognà ancora calda nei barattoli di vetro a tenuta stagna e richiudeteli subito.

Infine la ricetta della goduriosa Bagna cauda: far cuocere 1 testa di aglio a persona (gli spiriti cattivi vi staranno lontano per settimane) in un poco di latte, coprendole bene, fino a farle sciogliere, aggiungere le acciughe precedentemente lavate ed asciugate, farle sciogliere ed infine frullate il tutto aggiungendo un poco di olio evo. La bagna cauda si serve, appunto, calda e tale deve rimanere finchè non è finita, mettendela in recipienti di terracotta e scaldandola con una fiammella sotto; la salsa serve per condire tutte le verdure che desiderate, in particolare i cardi, da consumare crudi oppure anche la polenta e i peperoni al forno.

 

La fiera

Pancia mia fatti capannone!

Che stupenda nevicata!